I MILLE PERCHÉ - TECNOLOGIA - LA TECNICA AL SERVIZIO DEGLI UOMINI

PERCHÉ IL TELEFONO RICEVE E TRASMETTE LE VOCI?

In questa nostra civiltà, così convulsa e dinamica, dove la vita degli uomini pulsa ad un ritmo sempre crescente, se non vi fosse il telefono si può dire che bisognerebbe inventarlo.
Oggi l'apparecchio telefonico fa parte della nostra esistenza, poiché è un oggetto troppo necessario al nostro lavoro.
Grazie al telefono, infatti, possiamo comunicare con i nostri simili in brevissimo tempo, anche se si trovano a molti chilometri di distanza o addirittura in un altro continente.
L'invenzione del telefono risale al 1871 ed è dovuta all'italiano Antonio Meucci, anche se il brevetto fu assegnato, cinque anni dopo, all'americano Bell.
Come funziona un telefono?
Nella parte inferiore della forchetta è contenuto un microfono che funge da apparecchio trasmittente e in quella superiore un ricevitore.
Le onde sonore provocate dalla voce umana entrano nel microfono e, trasformate in vibrazioni grazie ad una membrana, vengono cambiate da un circuito elettrico in vibrazioni elettriche, che correndo lungo i fili telefonici, raggiungono il ricevitore dell'altro apparecchio telefonico che opera il processo inverso.
Il ricevitore cioè, trasforma gli impulsi elettrici in arrivo in un'onda sonora riproducente la voce di chi parla all'altro capo del filo.
Schema del funzionamento del telefono

PERCHÉ IL TERMOSIFONE DA CALORE?

Certe comodità nella casa, quale ad esempio un impianto di riscaldamento, sono sempre state il prodotto di una società progredita, civilmente avanzata.
Come probabilmente saprete, molte ville romane possedevano un impianto idraulico e di riscaldamento che possiamo considerare moderno.
Certe «raffinatezze» andarono perdute col passare del tempo, e, regredendo la civiltà, gli uomini hanno usato per riscaldarsi sistemi rudimentali e primitivi.
Fino a pochi anni fa per riscaldare le case si sono usati legna e carbone e ancor oggi, nelle case di campagna, possiamo trovare gli antichi caminetti che ai nostri occhi ormai disabituati, appaiono sotto una luce romantica e suggestiva.
Ma, se consideriamo la loro reale impraticità nelle nostre case cittadine, apprezzeremo maggiormente gli impianti di riscaldamento che ci ha fornito la tecnica moderna.
Come funziona un impianto di riscaldamento?
Consta di una caldaia, di una serie di tubi portanti e di caloriferi.
Nella caldaia, posta nella parte più bassa della casa, una certa quantità d'acqua viene riscaldata e portata ad ebollizione.
A questo punto l'impianto può utilizzare sia il vapore sia l'acqua, entrambi portati, grazie al calore, a salire verso l'alto.
Raramente viene utilizzato il vapore, di solito solo quando occorre riscaldare vaste superfici (edifici pubblici, stabilimenti, etc...), poiché la sua difficoltosa controllabilità lo rende pericoloso e richiede un costante controllo da parte di operai specializzati.
Nelle nostre case, dunque, nei tubi e nei caloriferi circola soltanto acqua.
Riscaldata nella caldaia, l'acqua sale verso l'alto, penetra nel termosifone e, scendendo lentamente nelle serpentine, cede gran parte del suo calore agli ambienti.
Quando è giunta, alla fine della sua corsa, nella parte inferiore del termosifone, si è notevolmente raffreddata; allora, attraverso un tubo di uscita, ritorna alla caldaia, per tornare a riscaldarsi e, di conseguenza, a risalire di nuovo.

PERCHÉ IL FERRO DA STIRO SI RISCALDA?

Tutti sanno a che cosa serve il ferro da stiro. Esso consta di una superficie levigata che, opportunamente riscaldata e passata su un tessuto, ne spiana ogni piega.
Un tempo il ferro da stiro era un oggetto pesante e monumentale in ferro battuto e cavo nell'interno, dove venivano immessi dei carboni ardenti che trasmettevano il loro calore alla piastra inferiore. Il sistema era assai semplice ma molto lento e fastidioso. La corrente elettrica ha risolto ogni inconveniente facendo risparmiare tempo e fatica alla donna, non più costretta ad aspettare che il carbone diventi incandescente e che il ferro, dopo avervi messo il carbone, si riscaldi.
Oggi basta inserire una spina in una presa di corrente e in brevissimo tempo il ferro da stiro è caldo, pronto per essere usato.
Perché si riscalda, dunque? La corrente penetra nell'interno del ferro da stiro e rende incandescente una «resistenza».
Questa resistenza è un filo metallico fatto di una lega molto resistente al calore, avvolto su un sostegno di mica, materiale refrattario ed isolante. La corrente elettrica rende il filo incandescente ma, per far sì che il calore sviluppato riscaldi la piastra stirante, un'altra piastra di più ridotte dimensioni vi comprime sopra la resistenza tenendola saldamente a contatto. Ciò permette al calore sviluppato dalla resistenza di passare alla piastra e di riscaldarla, in brevissimo tempo.
Spaccato di un ferro da stiro

PERCHÉ CERTI OROLOGI HANNO IL PENDOLO?

L'orologio è un insieme di congegni capace di misurare il tempo e, così come lo conosciamo oggi, è il risultato di lente e progressive trasformazioni.
Noti sono gli antichi sistemi di misurazione del tempo quali la meridiana e la clessidra, mentre l'orologio, frutto di un procedimento meccanico di pesi e contrappesi, sembra essere nato intorno al tredicesimo secolo e usato nei campanili delle chiese o dei municipi dove era collegato alle campane.
La prima notizia di esistenza di orologi «a rotismi» risale ai tempi di Dante, ma il vero e proprio orologio nasce e si diffonde nel '500 ad opera dell'industria svizzera, grazie a Francesi, Fiamminghi ed Italiani colà rifugiatisi a causa delle persecuzioni religiose.
Nel XVI secolo, l'industria degli orologi fu rivoluzionata da due importanti innovazioni: il pendolo ed il bilanciere a molla spirale, ambedue dovuti a Huygens.
Come è fatto un orologio? Consta di quattro parti fondamentali: un meccanismo principale che comprende il motore e i vari congegni di trasmissione dell'energia sviluppata dal motore; un meccanismo di caricamento che può essere dovuto ad un peso avvolto in un tamburo, alla corrente elettrica o, più comunemente, ad una molla che si avvolge su se stessa e che, distendendosi lentamente, fornisce della necessaria energia il motore; un indicatore che comprende lancette, quadrante graduato o numerato, per la lettura della misura del tempo, ed infine un oscillatore che può essere un pendolo o un bilanciere.
L'oscillatore è molto importante poiché costituisce il meccanismo regolatore dell'orologio assicurando, grazie alla sempre uguale frequenza delle oscillazioni, la perfetta uniformità del moto e, grazie ad una opportuna calibratura, la esatta suddivisione del tempo.

PERCHÉ IL CAMPANELLO DELLA PORTA SUONA?

Andiamo a trovare un amico, saliamo le scale, ci avviciniamo alla porta della sua abitazione, schiacciamo il pulsante che si trova sullo stipite della porta: «Drinnn!». Tutto tace non appena togliamo il dito dal pulsante; qualcuno ci apre, noi entriamo.
Ora, appena entrati, alziamo gli occhi verso il soffitto e le pareti: nascosto o perfettamente visibile scorgiamo il congegno che ha annunciato agli abitanti della casa la nostra visita.
È una piccola campana rotonda con dentro o vicino un batacchio, una pallina di ferro attaccata ad un'ancora metallica che si perde in una scatola chiusa. Che cosa contiene la scatola?
Il dispositivo elettrico che permette al batacchio di colpire la campana.
Ma, procediamo con ordine. Quando abbiamo schiacciato il pulsante fuori della porta abbiamo chiuso un circuito elettrico e permesso alla corrente di correre lungo i fili che portano alla suoneria. Qui distinguiamo da un lato un'elettrocalamita (una calamita opportunamente rivestita di fili di rame) dall'altro un ago metallico e in mezzo l'ancora in contatto con l'ago.
La corrente, entrata nell'elettrocalamita, fa sì che essa attragga a sé l'ancora, staccandola dall'ago. A questo punto la pallina batte sulla campana che emette il suono ma, contemporaneamente, l'ancora staccatasi dall'ago interrompe il regolare flusso di corrente nel circuito, l'elettrocalamita perde la sua capacità d'attrazione ed abbandona l'ancora che ritorna in contatto con l'ago.
Questo contatto richiude il circuito permettendo alla corrente di riprendere la sua corsa e all'elettrocalamita di attirare a sé nuovamente l'ancora:
«dan» un altro colpo della pallina di ferro attaccata all'ancora sulla campana... e così via.
Occorre tenere presente che, se per spiegare il funzionamento del campanello occorre un certo tempo, questo andirivieni dell'ancora dall'ago all'elettrocalamita e viceversa, avviene con una frequenza straordinaria, tanto che quando il campanello squilla noi abbiamo l'impressione di udire un suono unico ed uniforme e non tanti piccoli suoni corrispondenti ai battiti della pallina sulla campana metallica.

PERCHÉ LE CHIAVI HANNO LE TACCHE?

La serratura, ingegnoso dispositivo per chiudere le porte, è di origine antichissima: basti pensare che si sono trovate serrature nelle tombe egiziane e che altre in bronzo sono ancora conservate nei templi e nelle case di Pompei.
Le serrature attuali più semplici non differiscono di molto da quelle antiche e derivano dalla chiusura a chiavistello, il quale, nella sua definizione più generica, è una sbarra mobile che corre entro particolari guide e s'incunea in una sede fissa posta nell'altro battente o sullo stipite.
La sbarra è manovrabile mediante una chiave che introdotta nella toppa fa scorrere avanti e indietro il chiavistello nelle opportune guide.
La chiave porta intagli e scanalature a cui corrispondono nella serratura altrettanti «riscontri», tesi ad impedire che un'altra chiave, che non abbia lo stesso numero e la stessa disposizione delle tacche, possa aprire la porta.
Il chiavistello poi viene di solito munito di dentatura così che ad ogni giro di chiave possa avanzare di un passo: quanto maggiore è il numero delle mandate tanto maggiore è la lunghezza della sbarra che si introduce nelle guide della parte fissa, posta nello stipite.
Queste serrature si possono tuttavia aprire con dei grimaldelli, false chiavi semplici e sottili che, evitando i riscontri, riescono a sbloccare egualmente il chiavistello ed a farlo scorrere.
L'inconveniente è stato ovviato con l'invenzione delle cosiddette serrature di sicurezza, ideate nel 1848 da Linus Yale, impiegate ancora attualmente. Nelle serrature Yale, infatti, il dispositivo che fa scorrere il chiavistello è comandato da un cilindro di acciaio o di bronzo duro con una toppa sottile ed ondulata, il quale ruota in un altro cilindro fisso.
Solo se introduciamo la chiave giusta, grazie ad un complicato ed esattissimo sollevamento di perni sovrapposti dovuto alle tacche della chiave, il cilindro mobile interno può ruotare in quello esterno fisso ed aprire la porta.